L’etimologia greca della parola “anima”, psiche, deriva dal verbo respirare (Psycho) e lega l’anima al respiro come manifestazione vitale dell’essere. Nel mondo classico, la psiche è rappresentata come immagine ideale (Eidolon) dell’idea (Eidos) più primordiale, di forma umana nuda; oppure come entità alata, con labile ed astratta inerenza al corpo fisico.
In verità, non è solo per analogia al soffio e al respiro come manifestazioni vitali dell’essere che il corpo si rapporta all’anima. Intesa rettamente come idea di indissolubilità di anima e corpo, psiche conserva l’aspetto di connessione psicofisica che deve contraddistinguere l’uomo, e quindi necessita di corretta applicazione nell’esercizio e nella pratica quotidiana. Questo atteggiamento definisce concretamente un respiro sano, come quello della meditazione.
Il filo conduttore che unisce filosofia e psicologia passa per un insieme di fattori emozionali e cognitivi. Le emozioni, come via conoscitiva d’accesso alla personalità, osservate nella dinamica vitale dell’esistenza di ognuno e nel ritmo quotidiano del respiro, sono la materia di studio della psicologia. Come per le più antiche pratiche orientali, o per altre tradizioni non occidentali, la ricerca e lo studio applicativo sulle emozioni rimanda però solo in parte a ciò che la psicologia intende come anima.
La pratica sportiva ha un ruolo proprio in questo senso: sia perché legata alla dinamica ludica, sia perché formativa dell’individuo in ambito sociale. Per questo motivo, il giovane ed il gioco, che in greco hanno stessa etimologia, si legano entrambi all’educazione umana ed alla riflessione filosofica come medicina dell’anima, ovvero alla meditazione: come apertura alla sensibilità morale e alla spiritualità. Gli stessi termini, esemplificati nella connessione psicofisica tra benessere e armonia, costituiscono l’essere umano e ne dettano il respiro.